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C'era una volta ... storia di un 8a+ bloc sul M.te Amiata
Argomento: Scritto da voi Data: 8/10/2008

 C’ERA UNA VOLTA… d' Illore Frusteri
C’era una volta… un Re!!! Diranno subito i miei piccoli lettori. No, questo è un altro inizio che ora non mi serve…
C’era una volta… una Principessa!!! Direte subito voi, assatanati che non siete altro. Nemmeno. C’era una volta un tetto di quattro metri, da abbracciare, strizzare, tallonare e ribaltarsi sopra.
C’era anche una volta un ragazzone, alto e grosso, che sotto quel tetto un giorno ci fece una casina



 C’ERA UNA VOLTA… (storia di un 8a+ bloc)

C’era una volta… un Re!!! Diranno subito i miei piccoli lettori. No, questo è un altro inizio che ora non mi serve…
C’era una volta… una Principessa!!! Direte subito voi, assatanati che non siete altro. Nemmeno. C’era una volta un tetto di quattro metri, da abbracciare, strizzare, tallonare e ribaltarsi sopra.
C’era anche una volta un ragazzone, alto e grosso, che sotto quel tetto un giorno ci fece una casina, e dentro quella casina, per tanto tempo, spesso solo, al freddo, perché dovete sapere bambini, che in quel bosco lontano lontano ed isolato, ci fa tanto tanto freddo; in quella casina dicevo, quel ragazzone si riposava mentre per tanto tempo provava ad abbracciarlo fino in fondo quel tetto, fino a ritrovarsi in cima ed essere soddisfatto.
Ma lui, il tetto dico, non il ragazzone, seguitemi bene bambini, non ne voleva proprio sapere di farsi abbracciare così a lungo: in fondo, diceva, sono un tetto, mica una tetta!!!
E così il ragazzone continuava a prendere delle grandi sederate, che lo rintronavano fino alla cima dei capelli, e lo facevano arrabbiare tanto.
Un giorno di settembre invece, il tetto si intenerì. Si fece un poco più stretto, un poco meno orizzontale, o forse il ragazzone aveva dormito di più, o mangiato meglio, e strizzò tutto, e tallonò, e si ritrovò in cima, e la sera fece baldoria con gli amici che gli tiravano grandi pacche sulle spalle.
Quando gli chiesero che nome voleva dare a quel tetto, che ora era un pochino anche suo, il ragazzone si commosse perché mentre loro facevano festa, altri bambini stavano soffrendo, molto molto lontano, e decise in loro onore di chiamarlo col nome di quella terra lontana, selvaggia, martoriata: Ossezia.
Tanta gente, al sentirne parlare, al solo sentirne parlare, dovrei dire, scuoteva il capo, perché pensava che quel tetto non poteva essere così difficile da abbracciare fino in cima, se lo aveva salito anche quel ragazzone grosso. Nessuno però voleva recarsi fino a quel bosco lontano lontano e freddo freddo per fare una prova, e così il tetto si addormentò, pensando che era più bello quando giocava con il ragazzone, e gli faceva durare tanta fatica per poi premiarlo alla fine.
Per molti molti anni allora il tetto restò da solo, a bollire sotto il sole d’agosto ed a tremare sotto la neve di gennaio, fino a quando, nessuno sa come, non uno, ma addirittura due altri ragazzi si innamorarono un pochino di lui e decisero che valeva la pena provare ad abbracciarlo.
Questi due ragazzi, uno biondo, cresciuto a bucatini, e l’altro moro, cresciuto a piadine, fecero proprio un bel lavoro. Per la grande occasione decisero di tirare a lucido il tetto, che era pieno di ragnatele e polvere, tolsero le foglie che il bosco aveva nascosto lì sotto (forse per aiutare qualche altro ragazzo senza il crash pad? Chissà…) e a distanza di pochi giorni l’uno dall’altro, a forza di abbracci si trovarono pure loro in cima.
Che felicità pensarono.
Ma sapete qual è la cosa più interessante della nostra fiaba? Che questi due ragazzi venivano da molto lontano, ed avevano visto tantissimi posti nel mondo dove c’erano sassi da abbracciare, e ne avevano abbracciati tantissimi, tanti di più del ragazzone forte del principio, ma anche loro pensarono, dalla cima, che il ragazzone forte aveva avuto ragione, che strizzare quel tetto fino in cima era davvero così difficile come quello aveva detto tanti anni prima, e che era ingiusto che tanta gente avesse pensato diversamente senza nemmeno andare a vedere come si guarda il mondo da lì sotto.
Ecco, bambini, la nostra fiaba è giunta alla fine. Che i protagonisti si chiamino Luca Bregant, Riccardo Caprasecca e Michele Caminati, non è fondamentale. Che Ossezia sia stata confermata 8a+, idem. Che Michele abbia anche liberato un’altra linea molto dura poco distante, e che Riccardo l’abbia prontamente ripetuta, poco importa anche questo: i ragazzi sono forti, talentuosi e determinati e questo per loro è normale.
Quello che davvero importa, è che dobbiamo dare fiducia. Dobbiamo credere, invece che mettere in dubbio. Dobbiamo provare, invece che parlare. Non si sa mai cosa ci aspetta davvero finchè non ci troviamo orizzontali, abbracciati sotto un tetto di quattro metri.

LF






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