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La prima volta di Patrick a Finale, di Sandro Grillo
Argomento: Scritto da voi Data: 24/4/2008

   La prima volta di Patrick (bérhault) a Finale (di Sandro Grillo)

"A Feglino, quell'autunno del '79, non la voleva proprio smettere di piovere.
Stagnanti grigie nubi salmastre, strisciavano subdolamente lungo le pareti di Monte Cucco.
A metà ottobre mio telefonò Patrick, annunciando una sua venuta" ...



La prima volta di Patrick a Finale, di Sandro Grillo

A Feglino, quell'autunno del '79, non la voleva proprio smettere di piovere.
Stagnanti grigie nubi salmastre, strisciavano subdolamente lungo le pareti di Monte Cucco.

A metà ottobre mio telefonò Patrick, annunciando una sua venuta, con l'amico Alain, arrampicatore e particolare (?) moniteur de ski.

Patrick, l'avevo conosciuto in primavera a Nizza, nel corso di un'intervista per un giornale sportivo, ma non lo avevo ancora visto arrampicare, anche se la sua fama di enfant prodige, nell'ambiente dell'arrampicata, era cosa notissima.
Da noi erano ancora gli anni ruggenti del Finale, dopo la magia del '68, e Patrick voleva dare un'occhiata.
Arrivò una sera con la "bagnole" di Alain, la mitica Citroën due cavalli: gialla.
All'interno della vettura, in una confusione indescrivibile, erano sparpagliati: cordini, corde, moschettoni, maglie e magliette, sacchi a pelo, mele, biscotti, nutella in quantità industriale. Sistemai i francesi in casa e  cominciai  a studiarne i comportamenti.
Dopo una cena, che lasciarono diventare fredda, e un thé, iniziarono esercizi ginnici di scioglimento. Patrick era impressionante, sembrava di gomma, riusciva nella spaccata frontale con una facilità disarmante. Dopo una mezz'oretta, i francesi , data la buona notte, se ne andarono a dormire.

Ora sorgeva il problema di dove andare ad arrampicare l'indomani, su quale via.

Era poi così bravo come si diceva?

Non mi rendevo ancora conto delle sue capacità, del livello raggiunto, di quanto era avanti rispetto a noi comuni mortali.

Per il debutto scelsi " Zone Pelviche" a Cucco. Una via emblematica, modernissima per il 1979: una ventina di metri, in basso verticali, chiusi da un piccolo tetto, poi una liscia placca grigia appena, appena inclinata. Ancora oggi un buon 6a, di Finale,  con molti fittoni resinati.
Su quella placca la superbia mi giocò uno strano tiro.
Per la prima volta in vita mia, avevo deciso di attrezzare o almeno esplorare una via calandomi dall'alto.
Passata la corda attorno ad un alberello, mi feci calare da Mauro Oddone. Pulii la placca dai ciuffi d'erba, scoprendo magnifici buchetti,e piazzai due solidissimi chiodi, che ritenevo utili per qui dieci metri. Diedi un'occhiata alla parte verticale, che provai assicurato, e pensai fattibile con qualche buon chiodo a cui aggrapparsi. Nel '79 usava così!
Non mi preoccupai di terminare la via, l'avrei salita più avanti, dal basso, con martello, chiodi e staffe. Ma alcuni giorni dopo arrivarono a Finale Jacopo Merizzi, Masa, Miotti e soci: i mitici Sassisti della Val di Mello. Andarono a Cucco, videro i due chiodi in alto, piazzarono qualche nut sul tratto verticale e sotto il tetto e, dopo qualche volo, superarono la placca. Per noi, la frittata era fatta.
Quando seppero che non si trattava di una ripetizione, ma di una prima, furono ancora più contenti e per la libidine chiamarono la via…" Zone Pelviche"!


La diretta al tetto (1980): Patrick 1a libera della diretta al Tetto di Monte Cucco, 7a su chiodi normali piantati dal basso! Brrrrr. Nessuna ripetizione 

Ma torniamo ai francesi. Fatta colazione, con grande calma, alle 11 raggiungemmo la base della via, che  avevo protetto con tre chiodi nella parte bassa.
Patrick prima diede un'occhiata distratta alla parete, poi iniziò a estrarre dal sacco corda, cordini, magnesite, moschettoni legati due a due con un cordino (gli antenati dei rinvii), un bandana grigio, con il quale legò accuratamente la fronte, fermando la lunga capigliatura ed infine, quasi con un tocco di magia mista ad emozione,  estrasse un orrido paio di scarpette, modello E.B. Le mitiche E.B., puzzolenti ed atroci morse, delle quali non distinguevi la destra dalla sinistra e che dovevi calzare strettissime. Soprattutto i parigini ne andavano pazzi.
Io salii sul piastrino della " Pulce", via pochi metri a sinistra, con la fedele Nikon,  per immortalare il fatidico momento, ma che ovviamente si rifiutò di funzionare. Stavo ancora armeggiando con la macchina, quando mi sentii chiamare sulla destra. Patrick era lì, in un attimo aveva salito il tratto verticale, saltato un chiodo sotto lo strapiombo, che per la velocità forse non aveva visto, in equilibrio sulla famigerata placca bagnata, con le orribili E.B. su piccoli svasi e con l'ultimo chiodo dieci metri più in basso. Se fosse caduto, sarebbe finito a terra!  Io ero terrorizzato, potenziale omicida di una giovane e innocente vita, vittima inconscia della mia stronzaggine. Mi guardò tranquillo, come fosse seduto in poltrona, e mi disse: "Elle est exposée la voie !?!".
Io, che il poco francese lo avevo imparato in Algeria, prima di balbettare qualcosa, pensai: " ... ma come esposto, è tutto qui il grande campione, che dice esposta una viuzza di 20 metri? Boh. "  Sorrisi impacciato. " Il y a un piton ? ", continuò.
Io continuavo a sorridere da ebete pensando: " ..ma questo è matto, è a dieci metri da terra e mi dice che la via è esposta e poi dove belin li vede i pitoni, al massimo a Cucco può vedere qualche grossa vipera, ma non in parete!". Allora Alain, alto, atletico, occhi azzurri, capelli a riccioli biondi, abbronzatissimo, maestro di sci esclusivamente per signore e fanciulle,  che parlava un po' di italiano, mi disse:" Patrick chiede se vi è qualche chiodo, poiché la via è un poco sprotetta ". Mi sentii ancor più un verme assassino e in un impeto di genio dialettico, esclamai: "Il est lì visin". Mi guardò stupito, e veloce come era arrivato, proseguì verso la sosta.
Era appena nato, il nostro famoso dialetto franco-genovese, che avremmo perfezionato negli anni a venire.
Riuniti tutti in basso, Patrick confermò la bellezza della via, dicendo, con educazione, che probabilmente si sarebbe potuta meglio apprezzare con roccia asciutta e qualche chiodo in più.
A questo punto chiese : " où il y a du dèvers ?" , che rapidamente Alain, per togliermi dall'imbarazzo, tradusse  "dove vi sono degli strapiombi?".
Andammo alla grotta del Canyon,  un grande foro che passa da parte a parte la montagna e che si affaccia sulla piana del paesino di Feglino.
Il soffitto è lungo una decina di metri, perfettamente orizzontale e costellato di sottili ma solide, liste e buchi di ogni dimensione.
Patrick si appese con estrema leggerezza a due lame, sollevò entrambi i piedi che andò ad incastrare in un paio di buchi, quindi si lasciò andare a testa in giù e oscillando andò a prendere una lama più avanti. A questo punto, appeso a quel soffitto,  iniziò una danza leggerissima, antigravitazionale, con giravolte, trazioni su di un braccio, oscillazioni appeso a una gamba, e il tutto senza denunciare il pur minimo sforzo. Fu tanto il mio stupore, che non fui in grado di scattare una foto; stavo comprendendo di che pasta era fatto l'alieno, io che ero abituato a tirare fuori le staffe al minimo accenno di strapiombo.
Quella sera, di fronte ad un piatto caldo di gnocchi al pesto e ad un buon bicchiere di Pigato, (ogni tanto gli piaceva bere), iniziò la nostra conoscenza e l'amicizia che ci legò per tutta la
vita.


Sandro Grillo

 

WEB: Sandro Grillo su www.sandrogrillo.com




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