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Letizia 'Titta' Colombo, un'arrampicatrice discreta da 8a+
Argomento: People Data: 9/7/2007

 

 Casualmente: casualmente ci capita di fare delle cose nella vita che poi diventano importanti, che segnano un punto di partenza per qualsiasi cosa e generano, generano, generano una moltitudine di altri eventi tutti legati fra loro, riconducibili ad una singolare causa. Causa casuale.
Letizia 'titta' Colombo inizia a scalare casualmente come molti di noi, la conosciamo casualmente e nasce questo trafiletto che vi proponiamo e che dedichiamo a "titta", ovviamente, ma anche a tutti coloro che scalano e che ogni giorno impiegano il loro tempo a divertirsi nel rispetto del prossimo e dell'ambiente. In tutto ciò qualcosa di non casuale c'è; i risultati che si ottengono e che non sono legati alla casualità ma alla volontà e a delle scelte ben ponderate. Tranne il ponderato, tutto il resto, come nella vita d'altronde, è casuale.
Vi lasciamo ad una intervista nella quale non troverete domanda e risposta ma un sunto di come vivere bene l'arrampicata. Che ciò possa essere da esempio sia ai più giovani che ai meno.



 Letizia 'Titta' Colombo, un'arrampicatrice discreta, silenziosa, solare ed efficace
ETA’: mezzo secolo
ALTEZZA: 1,68
PESO: variabile a secondo dell’umore dai 57 ai 60 kg.
SOPRANNOMI: Supertitta, mamma Titta, Vecchietta terribile, Nonna papera
 A dire il vero posso dire di arrampicare da sempre, ossia ho avuto la fortuna di abitare e crescere in un centro residenziale nel quale noi ragazzi avevamo a disposizione vasti spazi liberi per poter giocare ed il gioco che preferivo era arrampicarmi su alberi, tetti, impalcature, muretti. Già all’età di 10 anni, con i miei amici ci sfidavamo in traversi su un muretto di tufo, o dovevamo salirlo obbligandoci mani e piedi.
Nel 1990, in previsione di un alta via in dolomiti, con la possibilità di affrontare qualche ferrata, ho frequentato un corso di arrampicata, ma al tempo i miei figli erano piccoli, quindi per qualche anno, sono andata ad arrampicare saltuariamente finché, fortunatamente, ho conosciuto la guida Cristiano Delisi, la cui figlia frequentava un corso di ginnastica artistica con la mia. Avendo le stesse problematiche di orari, dopo aver accompagnato i reciproci figli a scuola, ci recavamo veloci nelle falesie limitrofe a Roma per ritornare alle 4 del pomeriggio, pronti per riprendere il nostro ruolo di genitori. Mi ricordo che al tempo non avevo ancora liberato un 6a che per motivi di tempo, Cristiano mi faceva riscaldare sui 6b. CHE ACCIAIATE INDIMENTICABILI.
Con lui e in seguito  con Alvaro Delivio, mi è esplosa la passione della montagna, si, perché in principio sdegnavo le falesie affollate (a dire che al tempo eravamo 4 gatti) e amavo i lunghi avvicinamenti e la pace dei paretoni.
A 40 anni ho incontrato Francesco, il mio compagno di vita e di arrampicata, con lui mi sono dedicata all’arrampicata sportiva.
Come puoi ben notare, nessuno dei due ha iniziato questo sport da giovanissimo, infatti Francesco che ha cinque anni più di me, ha iniziato ad arrampicare all’età di 38 anni, subito con risultati sorprendenti...

 
(Relax, relax)

 Sono convinta, che non ci può essere un’età massima per iniziare questo sport, sicuramente l’attitudine sportiva del singolo fa la differenza, inoltre questa è una passione che quando ti entra nel sangue difficilmente ti abbandona. Non per questo dobbiamo diventare tutti fenomeni come Dave Graham, Adam Ondra,Charlotte Durif, David Lama che arrivando così  presto a risultati massimali potrebbero in futuro avere un calo di motivazioni  per mancanza di obbiettivi. In fondo essere un po’ “PIPPA”  potrebbe essere un vantaggio, poiché ovunque tu vada potresti avere sempre un mare di progetti da portare a termine.
Invece mi permetto di dare un consiglio a chi inizia questo sport, che ormai è diventato sport di massa, esige regole di comportamento riducibili a norme di buona educazione.
 Mi rivolgo soprattutto agli organizzatori dei corsi che, oltre ad  insegnare i vari nodi e le tecniche di progressione, dovrebbero sensibilizzare i futuri climber a rispettare l’ambiente, visto che nelle strette vicinanze delle falesie si trovano ogni tipo di rifiuto organico e non……
La nostra è una famiglia di climber, ho trasmesso la mia passione anche ai miei figli Nicola e Flaminia, la quale si è addirittura trasferita ad Arco con il suo ragazzo Alessandro per poter arrampicare più frequentemente ed io con grande “DISPIACERE”  sono costretta ad andarla a trovare.
 Sono una patita dell’allenamento, vengo dal mondo dell’atletica dove la fatica è la regola del giorno. Mi sono allenata per anni due o tre volte a settimana in palestra con Alessandro Lamberti (Jolly), scalando su roccia sabato, domenica e lunedì, ora sono due anni che arrampico molto e solo su roccia, e sinceramente, questi ultimi due anni sono stati i più fruttuosi. Ho un 8a+ rp (La Danza dei Cavalieri, grotta dell’aeronauta, Gaeta) e svariati 8a, ho realizzato a vista molti 7b, 7b+, un 7c+ a kalimnos, del cui grado, comunque, ho seri dubbi. Non c è dubbio che il mio stato di forma sia dovuto alla trasformazione del lavoro svolto negli anni passati, sicuramente oggi ho meno forza in assoluto di quando mi allenavo in palestra, ma in compenso ho acquisito una maggiore sensibilità.

 
(Un volo)

 Non mi piace fare l’elenco delle vie liberate, non ho mai tenuto un “quaderno” dove annotarle, riduco la scala dei gradi in: FATTA, NON FATTA, ma solo per evitare l’eterna discussione che c’è sulla giusta gradazione delle vie.

 
 Con Francesco viaggiamo spesso naturalmente ESCLUSIVAMENTE per scalare, ci piacciono molto le vie di continuità lunghe possibilmente a canne strapiombanti, ma non disdegno le vie di placca tecniche. Preferisco arrampicare a vista o il lavorato veloce, e quando porto a termine un progetto “duro” oltre a un gran piacere ho un senso di liberazione. Se decido di provare una via, indipendentemente dal grado, ho il piacere di portarla a termine, non liberarla mi lascia un senso d’incompiuto che mi resta un po’ sullo stomaco.

 
(titta a Kalymnos)

 Alla tua domanda: “Molti ragazzi oggi non fanno determinate cose per la paura di volare” ti rispondo: perché “ieri”? Non credo che ci sia una differenza tra le prime generazioni di climber e le nuove, sostengo invece che la cosa sia strettamente soggettiva, e mi domando se in fondo c’è qualcuno di noi che non sia completamente indifferente alla caduta.
Cerco di essere attenta all’alimentazione, non per motivi di peso, ma di salute, mangio di tutto, ma evito di fare stravizi, quando scalo mi tengo leggera per poi compensare con una lauta cena.


(Titta con la famiglia)

Sogni nel cassetto? Tanti grandi ed ambiziosi, forse il più impegnativo è quello di poter portare ad arrampicare un mio futuro nipote.

 "Grazie Titta per il tuo contributo alla comunità, mi auguro che le tue parole diano maggiore entusiamo e, perché no, anche forza a tutti coloro che hanno letto quanto hai scritto."
                                                                                                             Toni Lonobile

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